Yoga e Calisthenics come abbinarli per ottenere il massimo

Yoga e calisthenics appaiono come due discipline apparentemente agli antipodi che in realtà presentano caratteristiche comuni e soprattutto complementari; dove non arriva una può arrivare l’altra e viceversa. 

Imparare a farle convivere può migliorare la pratica di entrambe. Articolo a cura del Coach Giorgia Cavallo

YOGA, QUESTO SCONOSCIUTO

La maggior parte delle persone quando pensa allo yoga lo associa all’immagine della ragazza seduta a gambe incrociate intenta a meditare, il che non è del tutto sbagliato visto che uno dei fini ultimi dello yoga è proprio la meditazione. Ma non è nemmeno del tutto esemplificativo. 

Occorre fare alcune importanti premesse per non far cadere nella banalità un argomento invece molto profondo e articolato. La prima è che lo yoga inteso come “movimento fisico” è solo la punta di un iceberg di una realtà immensa che comprende sì gli asana (le posizioni e quindi il lato meramente fisico), ma anche la respirazione, gli atti di purificazione, le regole comportamentali, insomma un vero e proprio stile di vita. 

Nella realtà occidentale e in particolare nel mondo delle palestre l’aspetto che maggiormente prevale sugli altri è quello della pratica fisica, l’esecuzione dei cosiddetti asana, le posizioni. 

Qui occorre fare una seconda premessa per quanto riguarda le diverse tipologie di pratiche. Non sono tutte uguali ed ognuna di esse ha una finalità precisa e un proprio metodo di esecuzione che la caratterizza.

In alcune si eseguono meno posizioni e le si tengono per un tempo abbastanza lungo (nello Yin yoga le posizioni si possono tenere fino anche a 5 minuti), in altre pratiche invece si passa da una posizione all’altra in modo armonico, coordinando ogni movimento ad un atto respiratorio (come accade nel Vinyasa yoga). 

Associare dunque lo yoga ad uno stretching di tipo passivo non è propriamente corretto. E’ vero che in alcune pratiche si va a lavorare sull’allungamento muscolare in modo analogo (anche se non uguale) a una seduta di stretching ma è anche vero che alcune pratiche si presentano come molto intense (come per esempio l’Ashtanga Vinyasa yoga), quasi un vero e proprio allenamento.

Nonostante all’apparenza possa sembrare assurdo associare due discipline come lo yoga e il calisthenics, se le si analizza più nel dettaglio ci si rende facilmente conto di come invece possano risultare simili sotto certi aspetti e soprattutto di come una pratica costante di entrambe possa colmare alcune lacune lasciate se prese nella loro individualità.

CARATTERISTICHE DEL CALISTHENICS

Il calisthenics è una disciplina di allenamento a corpo libero che si sviluppa dalla ginnastica artistica e che si basa principalmente sui movimenti naturali del corpo. 

Una delle caratteristiche del calisthenics è quella di impostare ogni tipologia di lavoro (esercizi di forza, tenute isometriche delle skills) in modo tale da svolgere tutto in completa sicurezza impedendo di utilizzare sistemi di compensazione e di limitare il rischio di infortuni, come invece accade in altre discipline. Tipica posizione del calisthenics, la base per molte skills, è la hollow position, che si esegue portando il bacino in retroversione, protraendo e deprimendo le scapole andando così ad annullare la fisiologica lordosi lombare. 

In questo modo vi è una forte attivazione dei muscoli dell’addome e, di conseguenza, sarà possibile proteggere la colonna evitando che il peso venga scaricato sulla zona lombare durante l’esecuzione degli esercizi e delle tenute.

Per questi motivi, chi pratica in modo regolare questa disciplina presenta il più delle volte una postura caratterizzata da una marcata anteposizione delle spalle (già accentuata dal lavoro e dallo stile di vita della maggior parte delle persone) che, a prescindere dal disagio estetico che rimane pur sempre un fattore soggettivo, può comportare anche sindromi disfunzionali della spalla. 

MOBILITA’ E FLESSIBILITA’

Una buona mobilità articolare (intesa come la capacità che permette ad un soggetto di compiere movimenti ampi e al massimo dell’escursione fisiologica consentita dalle articolazioni) è fondamentale per chiunque, dal soggetto sedentario all’atleta di qualsiasi tipo di sport. 

Essa comporta un aumento di forza, coordinazione ed equilibrio diminuendo il rischio di disturbi o di lesioni derivanti dall’attività sportiva, in particolar modo quelli che interessano la struttura muscolo-scheletrica. Senza contare che nel calisthenics una buona mobilità articolare risulta importante anche per il raggiungimento di svariate skills (v- sit, human flag, planche, back lever). 

La mobilità articolare non è da confondere con la flessibilità muscolare intesa come la capacità di un muscolo nel rilasciarsi ed allungarsi. Maggiore è la flessibilità di un muscolo maggiore sarà la capacità di allungarsi e quindi compiere movimenti più ampi. 

E’ opportuno comunque ricercare un aumento di flessibilità muscolare in relazione all’attività sportiva che si svolge, non occorre forzare oltre un normale parametro di fisiologico benessere se la propria disciplina non necessita di tale mobilità.

MOBILITA’ ATTIVA E MOBILITA’ PASSIVA

Quando parliamo di mobilità occorre distinguerne due diverse tipologie: la mobilità passiva e la mobilità attiva.

La mobilità passiva (stretching rilassato) è la base dalla quale partire quando ci si vuole approcciare ad un programma di allungamento, soprattutto se si è particolarmente rigidi. In questo caso l’allungamento delle fasce muscolari avviene grazie ad una forza esterna (che può essere semplicemente la forza di gravità oppure la forza applicata da un altro soggetto o da un peso) ed è basata sulla capacità di rilassamento o di allungamento dei muscoli antagonisti. 

Le posizioni vanno tenute da un minimo di 10”/15” ad un massimo di 30”/40”, senza che la sensazione di dolore venga mai raggiunta. Il corpo deve essere caldo, per questo motivo questa tipologia di stretching viene eseguita dopo l’allenamento o comunque dopo aver scaldato la muscolatura interessata.

La mobilità attiva (stretching dinamico) si basa sul principio di inibizione reciproca secondo il quale contraendo il muscolo agonista si va ad allungare il muscolo antagonista e comporta un aumento graduale dell’estensione articolare. 

Questo tipo di mobilità non è adatto a chi è particolarmente rigido o si approccia per la prima volta ad esercizi di allungamento, ma è preferibile farlo precedere da esercizi di mobilità passiva.

Al contrario dello stretching passivo, quello attivo è invece pensato per una fase precedente all’allenamento.

Fatte queste doverose premesse, risulta importante affiancare al calisthenics un lavoro mirato alla mobilità e all’allungamento muscolare e lo yoga risulta decisamente funzionale a tale scopo in quanto va a ricoprire aspetti di mobilità sia di tipo attivo che passivo.

YOGA PRIMA E DOPO ALLENAMENTO

A differenza di quello che immagina la maggior parte delle persone che si approccia per la prima volta a questa disciplina, praticare yoga risulta tutt’altro che semplice e rilassante, ma al contrario spesso si prova fatica e ci si sente indolenziti. 

Questo perché la pratica si presenta come una serie di esercizi di mobilità multi articolare sia attiva che passiva che va a sviscerare i principali blocchi e punti deboli del nostro corpo, principalmente spalle, bacino e catena posteriore.

Come anticipato esistono tipologie diverse di pratiche yoga, ognuna con le proprie caratteristiche e, pensando di inserirle all’interno di un allenamento, ognuna adatta a momenti diversi.

Per quanto concerne la fase che precede l’allenamento è preferibile una pratica che abbia una finalità analoga a quella del riscaldamento (che lo sostituisca o sia in aggiunta), che non preveda quindi di soffermarsi a lungo su ogni asana come avviene nell’Hatha yoga. In questo caso infatti, si potrebbe avere un effetto negativo sull’allenamento poiché la tenuta delle posizioni per un tempo prolungato (superiore ai 20/30 secondi) produrrebbe lo stesso effetto delle contrazioni eccentriche andando a creare danni tissutali che inducono affaticamento e, quindi, una perdita di forza.

Nella fase che precede l’allenamento quindi è preferibile approcciarsi ad una pratica più “dinamica” come quella del Vinyasa yoga, nella quale si vanno ad eseguire sequenze fluide e armoniche scandite dalla coordinazione tra movimento e respiro (ogni volta in cui si va ad estendere la colonna si inspira, ogni volta in cui la si flette si espira). 

Alcune valide sequenze che possono essere utilizzate nella fase di riscaldamento sono i saluti al sole A e B (Surya Namaskara) dell’Ashtanga Vinyasa yoga. Quest’ultima è una sequenza predefinita piuttosto intensa, che inizia con 8/10 saluti al sole e che continua con una serie di asana che si susseguono in modo preciso e rigoroso secondo uno schema ben definito.

Data l’intensità della disciplina (la prima delle sei serie, che normalmente esegue chi è agli inizi, ha una durata di circa un’ora e mezza) è consigliabile praticare lontani dalle altre sedute di allenamento. 

In Surya Namaskara A, da eseguire per primo, si va a lavorare solo su flessione ed estensione del rachide. Segue poi Surya Namaskara B nel quale si va a lavorare anche a livello del bacino con la figura del primo guerriero che prevede una sorta di affondo in avanti ripetuto da entrambi i lati.

pose yoga tutte

Una sequenza che preveda magari 5 Surya Namaskara A e 3/5 Surya Namaskara B potrebbe risultare un buon riscaldamento da effettuare prima di una seduta di allenamento. 

In base poi alle skills sulle quali si vuole lavorare si possono aggiungere nella sequenza posizioni che vadano a scaldare i muscoli che interverranno maggiormente e rinforzare le articolazioni che verranno stressate. 

Prerogativa fondamentale è quella di non soffermarsi troppo in ogni posizione al fine di non trasformarlo in uno stretching statico, consigliabile invece dopo l’allenamento (ogni posizione andrebbe tenuta non più di 10”/15”).

Esempio di una sequenza pre allenamento:

Per quanto concerne invece la fase successiva all’allenamento è preferibile effettuare una pratica meno dinamica, che preveda meno asana tenute per un tempo prolungato, che produca quindi gli effetti dello stretching statico. 

In questo caso la pratica andrà a produrre un effetto defaticante agendo sull’allungamento delle fasce muscolari, riducendo l’affaticamento e aumentando la velocità di recupero. 

Le diverse posizioni andranno tenute per un tempo abbastanza lungo (dai 15” ai 40”) senza però forzarle oltre le proprie capacità. La soluzione ottimale sarebbe quella di effettuare una pratica che preveda posizioni che agiscano sull’allungamento dei muscoli che sono stati stressati durante l’allenamento. Visto che in generale nel calisthenics avviene una forte sollecitazione di tutta la catena posteriore sarebbe funzionale partire proprio dall’allungamento di quest’ultima.

Esempio di una pratica post allenamento:

RESPIRAZIONE

Oltre ai benefici che la pratica di queste sequenze dà a livello puramente muscolare e articolare, lo yoga ha un forte impatto su quella che dovrebbe essere la corretta respirazione, sia nella fase che precede l’allenamento sia in quella seguente. 

Nella pratica dinamica pre-allenamento ci si soffermerà maggiormente sulla coordinazione tra movimento e respiro che collega le varie posizioni (inspiro quando estendo la colonna e quando entro nelle posizioni di apertura, espiro quando la fletto e quando entro in una posizione di chiusura).

Nello stretching passivo invece è fondamentale che la respirazione sia completa, lenta e profonda in modo da rilassare più possibile il muscolo. Una respirazione affannosa, breve, che si fermi a livello clavicolare (come il più delle volte accade) sarebbe segnale di stress e tensione e il SNC (sistema nervoso centrale) reagirebbe di conseguenza impedendo il totale rilassamento muscolare.

Il più delle volte infatti si utilizza solo una parte dei polmoni, quella alta, lasciando inutilizzata la parte più bassa riducendo la ventilazione e l’ossigenazione del sangue con la conseguenza che alcune tossine non vengono espulse ma si accumulano nelle cellule. 

Inoltre la maggior parte delle persone tende a respirare in modo affannoso, incompleto, fermando la respirazione a livello clavicolare. Attraverso le diverse pratiche di respirazione dello yoga (pranayama) si impara a respirare in modo completo ossia ad utilizzare tutte e 3 le tipologie di respirazione: toracica, addominale e clavicolare.

Raggiungere una buona padronanza delle tecniche di respirazione permette di imparare a gestire al meglio il dispendio energetico durante l’attività sportiva e di abbreviare i tempi di recupero (accelerandoli del 15%) favorendo una corretta ossigenazione del sangue.

CALISTHENICS PER LO YOGA

Se da un lato lo yoga risulta un valido supporto in diversi aspetti del calisthenics, è anche possibile invertire la prospettiva e notare come gran parte del lavoro di forza eseguito nel calisthenics possa servire da supporto per diverse posizioni di yoga (che si possono definire più avanzate) e nelle transizioni da una posizione all’altra che rendono la pratica più fluida.

Andando avanti con la pratica infatti è possibile incontrare posizioni più impegnative che prevedono una combinazione di forza e flessibilità della colonna vertebrale, delle spalle, delle gambe e dell’addome (per citarne un paio: Bakasana che riprende l’impostazione della frog stand e Lolasana che riprende quella della tuck planche). 

pose yoga

 

Chi arriva dal calisthenics e si approccia alla pratica dello yoga si troverà decisamente più avvantaggiato in posizioni che richiedono una forza e un controllo maggiori nonostante siano posizioni più avanzate rispetto a posizioni ritenute comunemente più semplici ma che richiedono una maggiore mobilità che, il più delle volte, manca in questi soggetti.

Chi viene dal calisthenics risulta avvantaggiato anche nell’esecuzione della verticale, visto che questa non può mancare in una seduta di allenamento.

Tutte le pratiche yoga infatti (sia le più dinamiche che le più statiche) possono prevedere questa posizione che viene eseguita in diverse varianti: verticale a braccia tese, verticale sulla testa, verticale sugli avambracci. 

Un ultimo aspetto, tanto importante quanto impegnativo nella pratica delle sequenze dinamiche (come il Vinyasa yoga), è la transizione da una posizione all’altra. Questo richiede un ottimo controllo e un’ottima stabilità a livello del core, elementi che stanno alla base dell’allenamento del calisthenics, il quale risulta quindi uno strumento utile per chi vuole approcciarsi ad uno yoga più dinamico. 

In una pratica come l’Ashtanga Vinyasa yoga per esempio le posizioni si susseguono mediante continue transizioni talvolta anche articolate che rendono la sequenza lineare e armonica. 

Lo yoga e il calisthenics si presentano dunque come due discipline tanto diverse sotto certi aspetti quanto affini sotto altri la cui pratica congiunta, crea come Yin e Yang, equilibrio tra gli opposti.


Articola del Coach Giorgia Cavallo, esperta di Yoga e Calisthenics. Canale Youtube Giorgia Cavallo Pagina Instagram Giorgia CaliYoga

 

ADD COMMENT