Anamnesi e test iniziali: sono il primo Step per un buon Personal Trainer. Quando ci troviamo ad iniziare un percorso con un nuovo cliente sarà importante non solo stilare una semplice lista di esercizi da effettuare, ma anche raccogliere una serie di dati personali per poter adattare e personalizzare il programma sia agli obiettivi che alla condizione del nostro assistito.
Qui di seguito riporto la mia proposta di anamnesi e test iniziali al fine di mostrare l’importanza di questo approccio. Il tutto sarà omposto da test validati a livello scientifico (riferimenti in appendice) che personalmente reputo non solo efficaci ma anche pratici: nulla vieta di effettuare solo alcune delle prove qui presentate (a parte l’anamnesi iniziale, la mobilità e flessibilità che andrebbero indagate su chiunque) dato che ogni persona che seguiremo avrà un livello atletico ed un obiettivo diverso e converrete con me che testare un 1RM sulla simpatica signora di mezz’età che vuole “ solo tonificare un pò ” sia tutt’altro che specifico.
Anamnesi e colloquio iniziale
L’anamnesi è il punto di partenza di ogni programma che si rispetti, infatti non possiamo pensare di iniziare un percorso che porterà a migliorare lo stile di vita della persona senza conoscere alcuni aspetti personali di essa; in questa fase il coach avrà modo di conoscere la persona dal vivo e gli sottoporrà una serie di domande volte a raccogliere i suoi dati personali, oltre ad indagare il suo attuale stato di salute.
I 3 cardini su cui si baserà l’anamnesi saranno:
- Determinare l’obiettivo del cliente ed eventualmente ridimensionarlo a realtà, siccome spesso le persone non si rendono conto che per raggiungere il loro scopo servono tempo ed impegno: ad esempio è ormai consuetudine che a primavera inoltrata giungano clienti, magari anche in sovrappeso, che pretendono di arrivare all’imminente prova costume in forma;
- Indagare lo stato di salute ed eventuali segni e sintomi (come dolori articolari o vertigini dopo uno sforzo) che possono suggerirci patologie a livello dell’apparato cardiovascolare, respiratorio oppure problematiche di natura osteo-muscolare. Naturalmente non si tratterà di improvvisarsi medici, tutt’altro; piuttosto dovremo tutelare il nostro cliente ed anche noi stessi a livello legale. In quest’ottica sarà fondamentale assicurarci che il cliente sia in possesso del certificato medico di idoneità rilasciato da una struttura sanitaria abilitata.
- Dopo aver raccolto questi dati sensibili, se non ci sono controindicazioni, potremo preparare il programma personalizzato ed iniziare ad assistere la persona nel suo percorso allenante; a proposito, non dobbiamo intimorirci o vergognarci se si presenta un cliente con problematiche di cui non possiamo o magari non siamo ancora in grado di occuparci. Una buona immagine è fondante per un PT ed essa è data anche dall’onestà con cui si interfaccia con il prossimo ed è proprio per questo che dovremmo instaurare rapporti di collaborazione con altri professionisti come nutrizionisti e fisioterapisti.
Composizione corporea e Report fotografico
Argomento dibattuto soprattutto perché spesso viene rapportato con le valutazioni svolte sui soli bodybuilder; premesso che il metodo migliore per efficacia e praticità in tema di composizione corporea è la plicometria, il segreto è sempre contestualizzare ogni singolo caso e per un “comune” soggetto che inizia ad allenarsi e vuole monitorare i suoi progressi i mezzi più semplici oltre al comune gesto di pesarsi, che andrebbe svolto a digiuno, possono essere rappresentati da:
Report fotografico
Una semplice fotografia frontale, posteriore e laterale da cui oltre ad estrapolare importanti informazioni sull’eventuale disallineamento delle curve del rachide ci indica dove la persona tende ad accumulare grasso ed eventuali gruppi muscolari carenti, aspetti su cui dovremo focalizzarci per redigere l’allenamento personalizzato.
Misura delle circonferenze corporee
Per fare questo è sufficiente disporre di un comunissimo metro da sarta; con i clienti che hanno come obiettivo semplicemente “stare in salute e fare un po’ di sano movimento” come gli individui più anziani oppure con coloro che hanno necessità di perdere peso, potremmo inizialmente limitarci a misurare la circonferenza a livello della vita (passante per il punto più stretto come in figura) ed a livello dei fianchi (nel punto di massima circonferenza glutea).
Alcuni trainer per semplicità misurano la vita facendo scorrere il nastro sulla circonferenza intorno all’ombelico: l’importante sarà utilizzare sempre lo stesso metodo per poter confrontare i valori. Stando alla letteratura scientifica una circonferenza della vita (a livello ombelicale) > 102 cm nell’uomo e > 88 cm nella donna indicano un’accresciuta possibilità di patologie cardiache e metaboliche (Neri, Bargossi, Paoli, 2011).
Con i clienti che hanno mire estetiche, come coloro orientati maggiormente verso il body building, è possibile approfondire il discorso sulle circonferenze corporee semplicemente andando a rilevare i principali distretti muscolari e confrontandone così i progressi ad ogni nuova misurazione (che può avvenire alla fine di ogni mesociclo oppure trimestralmente).
Le circonferenze che andremo a rilevare saranno:
- Petto a livello dei capezzoli (nelle donne questa misura può essere tralasciata per via del seno);
- Bicipiti contratti, sul loro picco;
- Sulle cosce appena sotto la linea dei glutei;
- Eventualmente sui polpacci (questo distretto è fortemente condizionato dalla genetica per cui non angustiatevi troppo se non si sviluppa come gli altri distretti).
Sarà importante avere cura di rilevare queste misure sempre nello stesso punto ad ogni valutazione, a questo proposito allego il link del tutorial di Umberto Miletto in cui mostra come effettuarle facilmente da soli (oltre alla plicometria).
https://youtu.be/oQHyD42oPek
Mobilità articolare e Flessibilità muscolare
Spesso trascurate, una buona mobilità articolare e flessibilità muscolare sono importanti al fine di poter svolgere i movimenti a R.O.M completo (ampiezza di movimento) evitando infortuni muscolari.Stando all’approccio joint by joint descritto da Boyle e Cook (il fondatore dei test FMS) sarà necessario valutare la mobilità di quelle articolazioni deputate al movimento piuttosto che alla stabilità come l’articolazione della caviglia, dell’anca e dei muscoli ad esse connesse.
Un ottimo test globale consiste nell’insegnare al soggetto la corretta esecuzione dell’overhead squat, a corpo libero, il quale osservato frontalmente, posteriormente e di lato può rivelare utili informazioni sulla capacità coordinativa, di forza, di flessibilità a livello di caviglia, anca e spalla e sul rischio di infortunio individuale.
Cosa guardare nell’Overhead Squat
Non è raro riscontrare un soggetto che in fase di discesa ha difficoltà a portare le cosce parallele al pavimento; egli avrà facilmente problemi legati alla mobilità della caviglia o dell’anca, di retrazione degli ischiocrurali, se non una combinazione dei tre.Il primo passo per correggere il movimento consiste nel porre una tavoletta sotto i talloni in modo da creare quella mobilità artificiale delle caviglie che gli consenta di scendere fino a livello del parallelo: così operando riusciremo a non confondere una scarsa mobilità della caviglia con un errato pattern motorio il quale andrà sviluppato semplicemente con settimane di allenamento progressivo (basti pensare alla progressione dal box squat all’air squat fino al back squat con bilanciere).
L’overhead squat richiede anche una buona mobilità di spalle: durante il test dovremo valutare che le braccia si elevino almeno al fianco delle orecchie, in caso contrario potrebbe essere presente un’iperattivazione degli intrarotatori dell’omero (gran dorsale e rotondo, gran pettorale) con una concomitante ipoattivazione degli extrarotatori omerali, trapezio medio ed inferiore e deltoide posteriore.
Sul piano sagittale (laterale) dovremo osservare attentamente un eventuale “appiattimento” delle 3 curve del rachide (ipocifosi od ipolordosi) oppure un’accentuazione di esse (ipercifosi ed iperlordosi): una presenza di iperlordosi lombare indicherà che gli antiversori del bacino (retto del femore, ileopsoas, quadrato dei lombi) sono iperattivi mentre i retroversori (muscolatura addominale, grande gluteo) saranno ipoattivi.
In ogni caso sarà necessario riuscire a distinguere fra una scarsa capacità coordinativa e squilibri veri e propri, onde evitare di rilevare falsi deficit per cui sarà necessario prima far famigliarizzare il cliente con il movimento, oppure se dimostra gravi difficoltà utilizzare altri test specifici per il distretto anatomico interessato.
Forza Muscolare
La forza muscolare è una componente importante, infatti è necessario un livello minimo di forza per poter eseguire le comuni attività quotidiane e sportive senza incorrere in infortuni. Generalmente la forza in palestra viene stimata attraverso la rilevazione diretta dell’1RM negli esercizi fondamentali quali squat, bench press e deadlift (non a caso i sollevamenti ufficiali del powerlifting, la disciplina sportiva che rappresenta l’emblema della forza) dal cui valore si programmeranno i mesocicli di forza e/o ipertrofia, partendo da determinate percentuali proprio sul massimale testato.
Questo tipo di valutazione è consigliata con soggetti intermedi o con almeno un anno di allenamento sulle spalle, poiché su utenti principianti o neofiti non risulterebbe affatto adeguata, dato che non sarebbero in grado di reclutare correttamente le loro potenzialità (per gli addetti ai lavori, mi riferisco alla coordinazione intramuscolare, legge di Hanneman).
Se vogliamo avvalerci di questa metodica su clienti che non siamo sicuri di poter sottoporre ad una prova massimale, possiamo stimare in modo indiretto l’1RM su uno dei 3 esercizi menzionati (o comunque multiarticolare come il military press), il carico utilizzato sarà poi relazionato alla tabella allegata, ormai diffusa in rete ed in ogni palestra, da cui potremo stimare un ipotetico massimale da cui stilare la nostra programmazione.
Come leggere la tabella?
Innanzitutto decidiamo quante ripetizioni fare con un certo peso: se nel back squat 10 reps le faccio con 50 kg, scendo lungo la colonna relativa a 10/11 REPS fino a trovare 50 Kg (in questo caso 49 Kg, la cifra più vicina) e spostandomi verso sinistra stimo un massimale di 70 Kg.
Personalmente utilizzo poco questo metodo perché, trattandosi di una stima, non è sufficientemente relazionabile al vero livello personale; inoltre non tutti i clienti riuscirebbero a seguire minuziosamente un programma basato sulle %. Per questa ragione preferisco andare a provare direttamente il carico da cui partiranno nel loro programma, ad esempio se dovranno svolgere 3×8 di bench press andrò a provare direttamente con essi il sovraccarico da usare.
Per informazioni sul Calcolo del Massimale diretto vedi l’articolo Calcolo massimale diretto e indiretto
Resistenza muscolare
Con essa intendiamo la capacità dei muscoli di esercitare uno sforzo sub-massimale per periodi prolungati. Può essere valutata con contrazioni dinamiche o statiche, a condizione che l’utente abbia acquisito una corretta tecnica esecutiva. Esempi di test semplici da mettere in pratica sono:
- l’esecuzione del massimo numero di air squat o squat jump, se maggiormente allenato, per il lower body;
- l’esecuzione del massimo numero di crunch o la massima tenuta isometrica nel plank per la muscolatura del core;
- quanto all’upper body valuteremo la capacità muscolare di spinta eseguendo il massimo numero di push ups e di trazione con i pull ups o chin ups.
Nel caso delle donne potremmo avvalerci delle versioni semplificate di push ups sulle ginocchia e delle trazioni orizzontali (body rows).
Resistenza aerobica
E’ doveroso fare una premessa: i test che possiamo proporre sono di tipo sub-massimale e da campo (come il test di Cooper che ci sottoponevano a scuola), ovvero che non portano il nostro apparato cardiovascolare al limite; questi ultimi, invece, sono di sola competenza medica e sono detti, appunto, massimali.
La letteratura presenta moltissimi test sub-massimali per stimare il grado di fitness aerobico e di recupero cardiovascolare dopo uno sforzo, come lo step test sui 3 minuti o il test di Ruffier Dickson. Tuttavia tra le molteplici prove sub-massimali validate dalla scienza ho trovato il test di Rockport particolarmente efficiente, siccome permette di stimare rapidamente il VO2Max da cui poter redigere un programma aerobico maggiormente adattato al livello iniziale del nostro assistito. Per i non addetti ai lavori, il VO2Max è la capacità massima con cui il nostro organismo riesce a trasportare ed usare l’ossigeno a fini energetici; in sintesi avere un buon consumo massimo di ossigeno significa non solo avere “più fiato”, ma persino recuperare più facilmente dagli allenamenti con i sovraccarichi! Sì, avete letto bene, con i pesi che tanto amate, anzi che amiamo 😄
Perchè il test di Rockport
Ho scelto spesso di avvalermi di esso perché permette di stimare il VO2Max su un ampio range di persone, ossia uomini e donne tra i 18 ed i 69 anni, anche sedentari, dato che richiede solo di camminare a passo svelto per percorrere 1,6 Km nel minor tempo possibile.
Non appena terminato si rileva la Frequenza cardiaca del soggetto (con cardiofrequenzimetro oppure manualmente sul polso radiale o carotide) che si dovrà inserire, con il tempo di percorrenza espresso in minuti, in un’equazione che troviamo ormai su molteplici calcolatori online che ci daranno il nostro attuale livello in termini di VO2Max. Un metodo più immediato consiste nel confrontare il tempo di cammino del test con le seguenti tabelle di riferimento.
Per tutte le tipologie di test esposte l’aspetto fondamentale sarà quello, dopo un determinato periodo di allenamento, di ri-testare il cliente sui medesimi esercizi in modo da confrontare i risultati e di appurare così i miglioramenti ottenuti; consiglio quindi di riproporre le prove dopo 2/3 mesi di training, nella settimana di scarico, cosicché l’organismo abbia il tempo di adattarsi e si presenti alla prova al top.
Chiudiamo con il buon senso
Vi domanderete perché termino parlando di buon senso dopo tutta questa carrellata utili a comprendere meglio l’anamnesi e test iniziali. Nella mia ancor giovane professione mi sono reso conto che l’argomento test di valutazione è un tabù, poiché se in certi casi non vengono neanche proposti, in altre occasioni essi vengono effettuati senza rispettare il principio di specificità che deve essere la chiglia del nostro mestiere.
Volendo fare un esempio pratico (seppur sviluppare un minimo di condizionamento aerobico sia fondamentale per la salute) se il cliente si rivolge a noi con l’unico obiettivo di aumentare la massa muscolare, nonostante sia conscio che allenare cuore e polmoni sia importante, ma non abbia alcun interesse in merito, perché dovrei sottoporlo a test aerobici e costringerlo a fare cardio? C
osì facendo molto probabilmente lo perderò! Da questo comune esempio, che ci evidenzia come sia necessario fare ciò che serve piuttosto che ciò che ci piace, ritorna il concetto espresso nel titolo “ il PT come un sarto”, il quale rappresenta un po’ il mio credo professionale; mai come in questa professione è necessario essere un po’ come dei sarti che prendono le misure dei loro assistiti (attraverso anamnesi ed eventuali test) ed operano in base ad esse.
Personalmente, alla luce della vastità di questo ambito, mi sono impegnato a fare una ricerca all’interno della letteratura scientifica, da cui ho estrapolato i concetti che reputo di immediato utilizzo per tutti i colleghi che come me amano il proprio lavoro e desiderano solo il meglio per i loro clienti ed atleti.Non scordiamoci che la nostra soddisfazione personale passa attraverso quella del cliente, per cui non mi resta che augurarvi una buona valutazione e programmazione.
Articolo a cura del Personal Trainer Mattia Faramia. Potete contattare Mattia sul suo profilo Instagram @mattraining91
Bibliografia Anamnesi e Test Iniziali
- Alimentazione, fitness e salute, Neri, Bargossi, Paoli, 2011.
- Allenamento funzionale applicato allo sport, Michael Boyle, 2016.
- Esercizio Correttivo Postura, Salute e Performance, Giacomo Catalani Editore, 2016.
- Il manuale del personal trainer, NSCA, 2010.