Cos’è il Functional Training

Il Functional Training è uno dei trend fitness del momento! E’ sorprendente come negli ultimi anni intorno ad un concetto relativamente semplice si sia creata tanta confusione. Tutti noi nell’ambito dei nostri centri fitness abbiamo sentito parlare e magari anche provato una lezione di allenamento funzionale appurando che spesso e volentieri questa metodica viene ridotta a banali ed anche, concedetemelo, strane esercitazioni con cavi, “pesetti” e tavolette propriocettive. Con questo articolo cerchiamo di fare chiarezza facendo riferimento ad uno dei “ top trainer ” del settore come Michael Boyle.

Origini e principi del Functional Training

Per definirsi funzionale un programma di allenamento deve essere volto ad uno scopo: il concetto deriva dall’ambito medico e riabilitativo secondo cui gli esercizi utilizzati per rimettere in salute le persone e gli atleti potevano essere trasmessi al mondo della preparazione atletica in primis e successivamente alle palestre ed al mondo del fitness al fine di preservare lo stato di salute o persino di migliorarlo.

La metodica fu applicata inizialmente nella preparazione sportiva ma venne fraintesa da molti allenatori come un metodo sport-specifico il quale invece avviene sul campo di gara; l’allenamento funzionale, piuttosto, si compone di esercizi e movimenti sport-generici atti a donare all’atleta ed alla persona una maggior condizione fisica.

Gli sport a differenza di quanto si pensa hanno molte cose in comune, infatti se riflettiamo gesti basilari come saltare, scattare, spostarsi di lato sono alla base di una vasta gamma di discipline sportive, basti pensare che l’allenamento del core utilizzato per i giocatori di tennis non è molto differente da quello proposto nell’ambito dell’hockey o del golf; inoltre a sostegno di questa tesi è sufficiente visionare i programmi redatti dal guru del settore Michael Boyle per osservare la somiglianza tra proposte per atleti e campioni di sport diversi come l’attaccante del Liverpool Sturridge e l’oro olimpico nel judo Kayla Harrison.

Gli esempi migliori di allenamento funzionale sono quelli eseguiti in stazione eretta con i piedi a contatto con il terreno, a catena cinetica chiusa, ossia senza l’utilizzo di macchinari: mentre nel modo sportivo questa scuola di pensiero è quasi all’unanimità condivisa, nel mondo del fitness incontra spesso e volentieri la resistenza di molti trainer ancorati al semplice utilizzo delle macchine isotoniche, oltre alla convinzione che un allenamento funzionale sia sinonimo di chissà quali esercizi di equilibrio e palloni di stabilità.

Quando un esercizio è davvero funzionale

Per comprendere se un esercizio è realmente funzionale è necessario porsi domande quali: 

  • Questo movimento coinvolge più articolazioni? 

Stando a due esperti in materia come Boyle e Gray i movimenti multiarticolari sono assolutamente funzionali, siccome integrano l’utilizzo di più gruppi muscolari e di schemi motori mentre quelli monoarticolari o di isolamento non lo permettono. 

  • L’esercizio prevede lo sviluppo di propriocezione e stabilità da parte dell’atleta? 

Quasi tutti gli sport lo prevedono mentre un esercizio guidato dalle macchine è l’esatto opposto, siccome è esso a fornirci stabilità, oltretutto al di fuori del contesto/campo da gara venendo così meno il concetto di specificità alla base di ogni buon programma.

Come possiamo applicare questi concetti?

L’allenamento funzionale in primis è sfruttato per preparare un atleta a competere nel suo sport, per fare ciò un coach si avvarrà di principi provenienti da discipline diverse come atletica leggera e powerlifting, per sviluppare le capacità condizionali e la potenza dei propri atleti e non da meno ridurre l’incidenza degli infortuni; sarà importante quindi che l’allenatore sappia contestualizzare questi concetti differenti intelligentemente piuttosto che trasferirli da uno sport all’altro senza criterio.

Questa è l’essenza di allenamento sport-generico definito in precedenza.

In primis l’atleta dovrà imparare a gestire e percepire il proprio peso corporeo il quale sarà la prima resistenza utilizzata, da cui si potrà progredire utilizzando attrezzi come manubri e kettlebel; questa consapevolezza corporea è allenabile avvalendosi di esercizi unilaterali che introdotti gradualmente destabilizzeranno l’atleta richiedendogli di reagire e creare stabilità (cosa che le macchine non permettono) sviluppando così equilibrio e propriocezione.

Il metodo più immediato per far ciò è introdurre esercizi su una gamba sola, i quali stimoleranno l’equilibrio dinamico in modo nettamente maggiore e più specifico rispetto ad un analogo movimento in appoggio bilaterale.

Esempi di esercizi sono lo split squat per il lower body, mentre per l’upper body esercitazioni come push up e pull up (rispettivamente in appoggio e presa bilaterale per non stressare eccessivamente l’articolazione della spalla) con il fine di insegnare all’atleta a controllare il peso del proprio corpo nei diversi piani di movimento.

    split squat      split squat fine

Split squat

    push up inizio      push up fine

Push up

pull up inizio         pull up fine

Pull up

In sintesi un programma di functional training “allena il movimento” sfruttando le catene cinetiche e non i muscoli in modo isolato. L’obiettivo è sviluppare equilibrio tra la capacità di esprimere forza nei movimenti di spinta e trazione e fra l’estensione d’anca con dominanza del ginocchio e con dominanza dell’anca.

L’eccezione alla regola, esercizi monoarticolari

Alcuni functional trainer sorprendentemente in certe situazioni si avvalgono di esercitazioni che apparentemente non sembrano affatto funzionali ma piuttosto semplici esercizi monoarticolari; il motivo è dovuto alla semplice interpretazione delle funzioni di ogni articolazione e gruppo muscolare connesso, infatti vi sono articolazioni che creano mobilità ed altre che creano stabilità, così come alcuni gruppi muscolari che sono deputati principalmente alla stabilizzazione andranno sollecitati migliorando questa loro funzione con esercizi a ROM ridotto come quelli di isolamento.

I gruppi muscolari che richiedono stabilità sono principalmente 3 ovvero:

  • la muscolatura profonda del core tra cui annoveriamo trasverso, obliquo interno ed esterno, multifido, diaframma e pavimento pelvico;
  • gli adduttori dell’anca fra i quali adduttore grande, breve, lungo ed i rotatori laterali dell’anca come il piriforme;
  • gli stabilizzatori della scapola quali dentato anteriore, trapezio medio, romboidi ed elevatore della scapola.

Spesso per migliorare la funzionalità globale dell’atleta è necessario isolare alcuni gruppi muscolari, generalmente i 3 gruppi menzionati sono quelli che nella maggior parte dei casi mostrano deficit da cui possono scaturire infortuni: ad esempio moltissimi atleti si infortunano alla spalla semplicemente perché hanno tralasciato il rinforzo della cuffia dei rotatori e in particolare degli stabilizzatori della scapola.

L’obiettivo di questi esercizi deve essere il movimento controllato e la stabilità della scapola e dell’articolazione gleno-omerale; i movimenti monoarticolari utilizzati a questo fine sono quelli che prevedono l’extrarotazione dell’omero e l’adduzione delle scapole, un metodo semplice ed immediato consiste nell’eseguirli utilizzando un elastico.

adduzione scapole      abduzione scapole

Adduzione ed abduzione delle scapole     

extrarotazione elastico     extrarotazione elastico fine

Extrarotazione dell’omero

In conclusione per sviluppare un buon programma di allenamento funzionale sarà necessario principalmente eseguire esercizi multiarticolari in piedi, unilaterali nel caso del lower body, usando il proprio corpo come resistenza inizialmente; tuttavia sarà importante sempre contestualizzare e non abbandonare le esercitazioni monoarticolari per quei gruppi muscolari stabilizzatori delle anche, del core, della spalla e della scapola che necessitano di questa tipologia di allenamento onde evitare infortuni.

Dopo tutto il fine di un programma d’allenamento funzionale, oltre alla salute ed alla miglior performance, è la minor incidenza d’infortuni, siccome questo significa maggiori probabilità di successo in gara. 

Alla luce di quanto esposto non vi resta che mettervi alla prova e provare finalmente il vero allenamento funzionale.

BUON FUNCTIONAL TRAINING!!

A cura di Mattia Faramia, laureato in Scienze Motorie ed esperto di Functional Training. Puoi seguirlo su Instagram @mattraining91

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