Il digiuno: l’articolo definitivo per tutte le risposte!

Il digiuno può davvero portare i benefici elencati dalle ricerche scientifiche? E’ pericoloso? Cosa significa davvero digiuno? Vieni qui che ti spiego tutto!

Sono Daniel Dragomir, divulgatore scientifico nell’ambito sportivo e alimentare, pronto a fare chiarezza in uno degli argomenti più dibattuto degli ultimi tempi.

C’è stata un’esplosione di interesse di pubblicazioni e di libri divulgativi sul digiuno, ma preoccupa il fatto che molte persone bombardate da informazioni magari troppo semplificate e superficiali, che arrivano da varie parti, possano fraintendere le basi della materia per mettersi a fare cose inefficaci o pericolose.

Ti ricordo ovviamente che se vuoi una consulenza completamente gratuita di 30 minuti, per avere una risposta specifica alle tue domande e capire come raggiungere i tuoi obiettivi, puoi scrivermi alla mail danieldragomir8@gmail.com

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Il digiuno: tutti lo facciamo ma in pochi lo fanno

Il digiuno è una pratica alimentare che tutti facciamo ma che in pochi fanno veramente. Cosa significa?

Dobbiamo innanzitutto deciderci su cosa intendiamo per digiuno. Nel senso letterale del termine, digiuno indica semplicemente il periodo l’intervallo tra due pasti.

In moltissime lingue la parola per indicare la colazione esprime proprio questo concetto di interruzione del digiuno notturno, cioè break fast in inglese (letteralmente rompere il digiuno).

Ecco se per digiuno intendiamo questo, allora tutti facciamo dei digiuni, anche il signor ciccio bomba nella mezz’ora che intercorre tra la merenda col krapfen alla Nutella e l’aperitivo con le pizzette al wurstel, ma in quella mezz’ora ha fatto un digiuno dal punto di vista nutrizionale.

In realtà, però, ha senso parlare di digiuno solo se l’astinenza dal cibo è tale da indurre un preciso evento metabolico che vedremo meglio in seguito, cioè quando la glicemia è mantenuta più dalla gluconeogenesi che dalle riserve di glicogeno.

Questo evento avviene in media dopo 16 ore dall’ultimo pasto, per cui per qualunque astinenza dal cibo che non duri almeno 16 ore non ha senso parlare di vero digiuno.

Ne esistono in particolare di tre forme principali:

  1. Intermittent Fasting (Digiuno Intermittente) >> digiuno per oltre 16 ore, ad esempio consumare un solo pasto al giorno è una forma di digiuno intermittente, oppure quelli di quasi 24 ore ecc…
  2. Digiuni Occasionali >> hanno una durata spesso di 24-36 ore ma fatti non in modo ciclico, bensì occasionalmente una volta ogni tanto, ad esempio digiuno un giorno completo prima di una settimana di dieta detossificante di primavera
  3. Digiuni Terapeutici e Prolungati >> oltre le 36 ore, in genere per una settimana ma anche per tempi più lunghi, dovresti farlo solo sotto supervisione medica

Cosa succede quando digiuno

La fisiologia del digiuno è quello che succede nel nostro corpo dal momento in cui smettiamo di mangiare.

Dopo l’ultimo pasto come sempre aumentano glicemia e insulina, e sotto l’azione dell’insulina il glucosio è spinto nelle cellule. Quello in eccesso rispetto al fabbisogno viene utilizzato innanzitutto per rimpolpare le riserve di glicogeno, che però sono limitate per cui una volta riempite quelle il resto viene convertito in grasso di riserva.

Terminata la digestione e l’assorbimento, tra le 6 e le 16 ore dopo la fine del pasto comincia la fase post assorbitiva, in cui glicemia e insulinemia cominciano a scendere, e la loro discesa oltre un certo livello induce lo stimolo della fame.

Se questo stimolo viene ignorato la glicemia continua a scendere, ma siccome per l’organismo è di vitale importanza mantenerla costante, comincia sotto la spinta dell’ormone glucagone ad attingere alle riserve di glicogeno nel fegato per liberare glucosio da rimandare nel sangue in modo da mantenere costante i livelli di glucosio.

Ma le riserve del glicogeno abbiamo detto sono limitate e l’organismo comincia a ricorrere in misura sempre maggiore ad una strategia alternativa per fabbricarsi il glucosio che gli serve per mantenere la glicemia, cioè la gluconeogenesi.

Ciò significa che fabbrica nuovo glucosio a partire dalle proteine o più precisamente da alcuni amminoacidi detti appunto gluconeogenici, cioè che possono essere convertiti in glucosio.

Questo passaggio si chiama Metabolic Switch (dopo 16h), cioè quando la glicemia viene mantenuta maggiormente dal glucosio creato dal corpo, piuttosto che dal glicogeno di riserva.

Il corpo non ragiona a “compartimenti stagni” (finisce la riserva e poi accendo l’altro meccanismo), ma già dopo 5-6 ore si attiva la gluconeogenesi (che col tempo diventa sempre più fondamentale).

Normalmente, senza fare attività fisica, prima di usare l’ultima goccia di glicogeno in riserva passano 24-36 ore.

E quando il digiuno è più lungo?

Se il nostro digiuno prosegue ancora la gluconeogenesi continua ad aumentare, ma ad una certa incredibilmente incomincia a scendere un po’ e poi si attesta su un livello più o meno costante.

Come mai accade questo? Perché nel frattempo ha preso il sopravvento un altro meccanismo metabolico tipico del digiuno che è la chetosi.

La chetosi è una condizione in cui l’organismo ottiene energia bruciando i grassi e producendo i cosiddetti chetoni, delle molecole più piccole che possono essere usate anch’esse a scopo energetico.

La logica dell’organismo è che quando si accorge che il glicogeno sta finendo, e che per mantenere la glicemia deve usare le proteine per fabbricare nuovo glucosio, si attiva contemporaneamente anche per fare in modo di risparmiarlo il più possibile quel glucosio!

Pensa al tuo conto in banca che sta drasticamente scendendo: sarebbe un po’ come vendere qualche tuo oggetto prezioso per ricavarne denaro per rimpolpare il tuo conto in banca, ma allo stesso tempo cerchi anche di ridurre un po’ le spese in modo che quello che ricavi duri più a lungo.

Così fa l’organismo che dove può, invece di usare il glucosio come fonte energetica, comincia usare sempre di più i grassi (e i corpi chetonici che ne derivano) dei quali invece le riserve sono ben più ampie e abbondanti.

Però come sappiamo alcune cellule avranno sempre bisogno di un po’ di glucosio, ed è per questo che almeno il 10% circa della spesa energetica totale dovrà sempre e comunque essere coperta da zuccheri.

E quando il digiuno è ancora più lungo?

Se il digiuno viene ulteriormente prolungato, il nostro corpo che è un capolavoro di ingegneria, riesce ad ottenere energia anche da altre fonti.

Come abbiamo visto il nostro corpo ha iniziato ad usare i trigliceridi (grassi), cioè una molecola formata da 3 acidi grassi (usati a scopo energetico) uniti da una molletta chiamata glicerolo.

Essendo che usiamo tanti acidi grassi, viene liberato anche tanto glicerolo, il quale si può convertire anche lui in glucosio per contribuire a mantenere stabile la glicemia.

Se quindi la fase di intensa di gluconeogenesi tra le 16-48 di digiuno è sostenuta soprattutto dalle proteine, dal terzo giorno di digiuno in poi una quota importante di glucosio è fatta col glicerolo dei grassi, risparmiando quindi il bisogno di demolire proteine.

Siamo entrati in quella che in inglese si chiama “Protein Conservation Phase”, la fase di conservazione delle proteine.

E’ per questo che superato quello scoglio poi uno può andare avanti a digiunare anche un mese con effetti tutto sommato modesti sulla massa magra.

Questa è la principale differenza tra i digiuni intermittenti e il digiuno terapeutico: il primo fa ripartire ogni volta tutto il meccanismo da capo.

Il digiuno prolungato passa una sola volta quella fase di demolizione proteica più intensa, e poi entra nello stadio successivo, in cui può risparmiare le proteine usando il glicerolo, cosa che non potrà mai conseguire se non in modo del tutto marginale quello intermittente.

Attenzione, ciò non significa che dal terzo giorno di digiuno in poi non servono più proteine.

Non servono a scopo energetico per farne glucosio ma servono sempre per il loro ruoli strutturali e funzionali per la sintesi proteica degli enzimi essenziali per il mantenimento dei tessuti deputati a funzioni vitali.

L’autofagia per il Nobel della medicina

Ricordiamoci sempre che noi possiamo convertire le proteine in grassi o zuccheri, ma non possiamo fare la cosa inversa, cioè convertire i grassi o gli zuccheri in proteine.

Ebbene quale opzione resta al nostro organismo per ottenere qualche proteina in più?

Dovrà recuperarle dove già ci sono e riciclarle, cioè andarle a prendere da dove servono meno, per usarle dove servono dei più, e questo processo prende il nome di autofagia.

Questo è proprio uno dei valori terapeutici del digiuno, perchè non ricevendo più nulla dalla dieta l’organismo deve recuperare proteine per le sue necessità strutturali e regolatrici più urgenti, operando una sorta di riciclaggio andandoli a prendere da altre cellule e tessuti.

Vengono riciclate le proteine muscolari (il muscolo contiene il 70% delle proteine nel corpo), vengono distrutte le cellule vecchie e danneggiate, oltre che le cellule cancerogene, ma si compie anche una detossificazione profonda con eliminazione di tossine, virus e batteri.

Inevitabilmente però il peso degli organi diminuisce, ed è per questo che terminato il periodo di digiuno inizia una controspinta rigenerativa mediata dall’ormone della crescita (GH) e dall’innesco di divisione proliferazione delle cellule staminali.

Nel giro di brevissimo tempo, terminato il digiuno, i tessuti della massa magra recuperano il peso originario mediante la costruzione di cellule nuove di zecca.

Questo in estrema sintesi è il meccanismo di autofagia, per il quale ha dato un grande contributo lo scienziato giapponese Yoshinori Ohsumi, che proprio per questo ha vinto il Premio Nobel nel 2016.

Cosa succede al peso quando non mangi?

Innanzitutto il tratto digerente si svuota, già solo da questo si perdono 1 o 2 kg, mentre i tessuti rilasciano rapidamente l’acqua trattenuta in eccesso, la famigerata ritenzione idrica.

Insomma si parte subito nei primi due giorni con una bella svuotata e una bella strizzata.

Poi entriamo in modalità brucia grassi, cominciando ad intaccare le riserve di tessuto adiposo, soprattutto il grasso viscerale e in parte anche quello sottocutaneo.

Dal secondo/terzo giorno quindi si comincia a perdere peso anche da lì, e come ulteriore bonus un po’ di lipidi vengono presi anche dai depositi di grasso nelle arterie, ripulendole un po’.

Quanto invece alla massa magra (tutta la massa tranne il grasso) abbiamo visto che anche lì si verifica una perdita di peso, all’inizio per le prime fasi della gluconeogenesi sostenuta dalle proteine e poi dall’innesco dell’autofagia cellulare.

Perdere massa magra è una cosa che suscita sempre un po’ di ansia, però il nostro organismo ha trovato una soluzione brillante.

Ovviamente non c’è nulla da stupirsi perché lunghi periodi di digiuno sono sempre stati la norma assoluta nel corso della storia dell’uomo.

Per cui è assolutamente normale che si siano evoluti meccanismi per farci fare fronte ad essi senza troppi problemi, anzi cercando di trarne anche alcuni vantaggi.

Durante il digiuno i muscoli diminuiscono di volume per l’autolisi delle proteine interne alle cellule, ma non diminuisce il numero di cellule muscolari!

In pratica le cellule si rimpiccioliscono e basta svuotandosi di un po’ di proteine, ma non si ha alcuna degenerazione delle cellule muscolari.

La massa muscolare che tu perdi durante il digiuno verrà immediatamente ripresa subito dopo sotto la spinta dell’ormone della crescita quando si riprenderanno la dieta e l’attività fisica quotidiana.

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Il digiuno intermittente è uno stile alimentare semplice concettualmente ma difficile da applicare perché deve essere personalizzato ed aggiustato nel tempo.

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