Per mobilità articolare si intende la capacità di eseguire dei movimenti di grande ampiezza di una o più articolazioni. In questo articolo andremo ad analizzare gli aspetti generali, il rapporto con altre capacità condizionali, i metodi per allenarla e come impostarla all’interno di un piano di allenamento.
Generalità sulla mobilità articolare
Per mobilità articolare si intende la capacità di eseguire dei movimenti di grande ampiezza di una o più articolazioni.
La classificazione della mobilità articolare prevede la suddivisione di questa capacità in:
- Mobilità articolare generale: fa riferimento all’escursione di movimento di interi sistemi articolari;
- Mobilità articolare speciale: fa riferimento all’escursione di movimento di singole articolazioni.
In rapporto alla contrazione dei muscoli coinvolti nel movimento si possono distinguere:
- Mobilità articolare attiva: è la massima escursione di movimento ottenuta tramite la contrazione attiva dei muscoli, così a contrarsi saranno i muscoli agonisti e ad allungarsi i muscoli antagonisti;
- Mobilità articolare passiva: è la massima escursione di movimento ottenuta tramite l’utilizzo di forze esterne, qui è fondamentale la capacità di rilassamento e allungamento dei muscoli antagonisti.
Conoscere la classificazione di questa capacità è importante ai fini di una comprensione semplice e immediata degli argomenti che seguono nei prossimi paragrafi.
Rapporto con le principali capacità condizionali
Essendo le capacità motorie strettamente collegate tra loro, vediamo di seguito il rapporto che c’è tra la mobilità articolare e lo sviluppo delle principali forme di capacità condizionali.
Mob. Articolare in rapporto alla forza
Sono tanti gli studi che correlano un miglioramento della mobilità articolare con un aumento della capacità di forza. Infatti è stato dimostrato che una muscolatura accorciata non permette una piena espressione di forza.
Inoltre l’imitare le tensioni muscolari prodotte dai muscoli antagonisti offre un grosso vantaggio sulla prestazione di forza.
Mob. Articolare in rapporto alla rapidità
La rapidità è la capacità tramite la quale riusciamo a eseguire dei gesti veloci. Gli atleti che abbinano un corretto programma di allungamento muscolare ai propri allenamenti di forza rapida risultano avere un incremento di questa capacità.
Mob. Articolare in rapporto alla resistenza
Essere capaci di eseguire movimenti ampi è un grosso vantaggio per gli atleti di sport di endurance. Una muscolatura sufficientemente mobile permette infatti di diminuire il dispendio di energia e di avere un’economia del gesto migliore.
I vantaggi offerti dall’allungamento muscolare e articolare non si fermano di certo alle capacità condizionali. Di fatto si presta come un valido strumento di prevenzione agli infortuni e agli squilibri muscolari.
Inoltre un atleta con un’ottima mobilità articolare mostra una maggiore capacità di recupero da un allenamento rispetto ad un soggetto poco mobile.
Metodi e tecniche di allungamento
Gli esercizi di mobilità articolare si basano quindi sul principio dell’allungamento muscolare. La pratica di sedute dedicate all’allungamento è secolare, basti pensare allo yoga nato nei paesi orientali come pratica meditativa e usato oggi, in tutto il mondo, come allenamento della mobilità articolare. Quindi era inevitabile che nascessero nel tempo tecniche e metodi sempre più variegati.
Tuttavia di seguito voglio elencarti brevemente le 3 principali tecniche di allungamento più comuni.
Stretching passivo
È la tecnica più semplice da attuare, in quanto si vanno ad allungare i muscoli tramite delle forze esterne. Per forze esterne si intende l’utilizzo di un peso, l’aiuto di un partner oppure semplicemente l’effetto della forza di gravità.
Essendo molto semplice da attuare, questa tecnica si presta molto bene alle persone molto rigide.
Per un valido risultato, l’allungamento in questione andrebbe eseguito per un tempo minimo di 30 secondi, il tempo utile affinché siano disattivati i meccanismi inibitori (per approfondire vedasi excursus a fine articolo).
Lo stretching passivo può essere utilizzato sia su singoli muscoli che su interi gruppi muscolari e catene cinetiche. È importante sottolineare che le posizioni di allungamento non andrebbero mai forzate in modo eccessivo per scongiurare ogni forma di danno alle fibre muscolari.
Stretching attivo
Questa tecnica si basa sul principio dell’inibizione reciproca, secondo cui contraendo un muscolo (agonista) si riesce ad allungare il muscolo opposto a questo (antagonista). Questo significa che l’allungamento di un muscolo si produce tramite la contrazione di un altro muscolo. Per rendere l’idea, quando contraiamo il bicipite flettendo l’avambraccio sul braccio, andiamo ad allungare il tricipite.
Allungando i muscoli in maniera consapevole e volontaria, il nostro sistema nervoso non registrerà questo come un possibile pericolo e non saranno messi in atto alcuni sistemi di inibizione. Motivo per cui si parla di inibizione reciproca.
È questa una tecnica che richiede una precisa attenzione durante l’esecuzione e una buona mobilità generale. Dunque nel caso in cui si è poco pratici nello stretching o si è troppo rigidi, consiglio di approcciare questo metodo dopo essere diventati molto abili nello stretching passivo.
Si presta molto bene all’allungamento di grossi gruppi muscolari e di intere catene cinetiche. La durata sotto sforzo può variare a seconda delle capacità di chi lo esegue, sarebbero ottimali contrazioni di 10-12 secondi.
Stretching PNF
Chiamato anche ‘’metodo della contrazione-rilassamento’’, questo metodo si esegue contraendo il muscolo che si vuole allungare con una contrazione molto intensa della durata di 5-6 secondi, dopodiché ci si rilassa e si cerca di allungare passivamente il muscolo che si vuole allungare per un minimo di 20-30 secondi.
Questo metodo pone un forte stress sia sulla muscolatura che sul sistema nervoso, in quanto la sensazione di dolore, fatica e la tensione che si avvertono sono alte. Per questo motivo è adatto a persone che hanno già un’ottima mobilità articolare e una certa esperienza nell’allenamento di questa capacità.
Come lo stretching attivo, è di facile applicazione su esercizi che coinvolgono intere catene muscolari o grossi gruppi muscolari. Tuttavia può essere eseguito anche in maniera isolata, ma dobbiamo essere consapevoli che la tensione che si crea è molto elevata.
A differenza dei due metodi precedenti, che possono essere utilizzati pre, intra e post allenamento, a questo metodo dovrebbero essere dedicate sedute specifiche di mobilità oppure dovrebbe essere usato solo a fine allenamento.
Allungamento muscolare tramite esercizi dinamici
I 3 metodi appena descritti hanno un largo utilizzo e sono, chiaramente, di estrema efficacia ai fini di un allungamento muscolare. Tuttavia sono metodi che richiedono schemi di movimento ben precisi, quasi meccanici, che circoscrivono i nostri movimenti entro certi limiti. Si discostano da tutti quelli che sono i movimenti e le combinazioni di movimenti che eseguiamo durante la vita di tutti i giorni.
Offrono poco spazio alla capacità di adattarsi a ogni tipo di movimento, alla fluidità e armonia dei gesti, al controllo dei movimenti combinati tra loro.
In questa prospettiva, si mostrano valide soluzioni tutte quelle pratiche di allenamento che provocano un allungamento muscolare tramite l’esecuzione di esercizi dinamici.
Esempi di pratiche di questo tipo sono il già citato yoga, il pilates, il metodo naturale ideato da Ido Portal e l’animal flow. In queste attività si richiede il raggiungimento di posizioni statiche o l’esecuzione di movimenti che richiedono un grado di forza non indifferente e uno sviluppo della mobilità articolare importante.
Quando fare allungamento: prima, durante o dopo l’allenamento?
Non esistono parchetti o palestre dove non ci siano correnti di pensiero contrastanti riguardo alla posizione dell’allungamento muscolare all’interno di una scheda.
Frasi come ‘’lo stretching va fatto prima dell’allenamento altrimenti ti strappi!’’ si alternano a frasi del tipo ‘’l’allungamento si fa solo a fine allenamento per rilassare i muscoli’’. Vediamo di capirci qualcosa!
Fase di riscaldamento
L’allungamento muscolare può essere inserito all’interno del riscaldamento. Il suo inserimento in questa fase deve essere contestualizzato sulla base di quali esercizi andremo a eseguire nel nostro workout.
Se gli esercizi che ci attendono richiedono escursioni articolari importanti, eseguire esercizi di stretching nel riscaldamento risulta un’astuta strategia! Questo perché guadagnando gradi di movimento attraverso l’allungamento, saremo capaci di affrontare al meglio gli esercizi che ci aspettano.
Ad esempio, se devo andare ad eseguire delle Dip alle parallele, può essere vantaggioso allungare preventivamente sia il pettorale che il deltoide anteriore, in quanto, nel punto più in basso, questi muscoli vengono stirati. Una rigidità di questi due muscoli potrebbe portare a una minore espressione di forza e comporta il rischio di infortunarsi.
Invece, se gli esercizi che andremo ad eseguire non richiedono movimenti molto ampi, l’inserimento dello stretching in questa fase può anche non assumere un’importanza primaria.
Attenzione! Lo stretching di per sé causa stress nei muscoli, quindi andrebbe inserito nel finale del riscaldamento, quando i nostri muscoli sono già stati riscaldati.
Fase centrale
Per fase centrale si intende l’allenamento vero e proprio. È raro vedere qualcuno fare stretching tra una serie e un’altra o tra un esercizio e un altro. Ciò non significa però che non lo si possa fare!
Soprattutto nei programmi di forza e ipertrofia, allungare i muscoli tra una serie e un’altra potrebbe essere un grosso vantaggio per ripristinare da subito la lunghezza propria dei muscoli. Si deve fare attenzione però che l’allungamento non sia intenso, altrimenti non si lascia spazio al recupero, ma al contrario si provoca una fatica maggiore.
Questa strategia trova largo utilizzo soprattutto nelle discipline a corpo libero come ginnastica artistica e Calisthenics, negli sport da combattimento come taekwondo o karate e in varie attività come danza classica, pattinaggio sul ghiaccio e breakdance. L’obiettivo principale in questo caso è quello di guadagnare gradi di movimento sempre maggiori così da essere sempre più performanti.
Fase di defaticamento
Lo stretching è famoso per essere inserito in questa fase. È risaputo, infatti, che lo stretching aiuta a defaticare i muscoli.
È necessario chiarire però che lo stretching in questa fase può essere indirizzato o semplicemente al recupero muscolare oppure ad un ulteriore aumento della lunghezza muscolare. Sembrano due aspetti simili ma non lo sono.
Quando si parla di recupero della lunghezza muscolare si fa riferimento allo ristabilimento della lunghezza iniziale dei muscoli, lunghezza che viene diminuita attraverso l’allenamento. In questo caso lo stretching può essere eseguito in maniera leggera e rilassata.
Quando invece si cerca di allungare ulteriormente i muscoli, più della lunghezza iniziale, allora si parla di un allungamento vero e proprio! In questo caso lo stretching può essere eseguito in maniera più intensa.
Tuttavia se vogliamo diventare più mobili e flessibili sarebbe opportuno dedicare sedute specifiche per la mobilità articolare al di fuori dell’allenamento. Questo perché anche l’allungamento provoca danno muscolare che richiede tempo per essere guarito.
Excursus: i principi fisiologici dell’allungamento muscolare
La lunghezza delle fibre muscolari è monitorata da specifici recettori posti nei tessuti muscolari. Questi recettori prendono il nome di propriocettori e sono i fusi neuro-muscolari e gli organi tendinei del Golgi.
Entrambi i propriocettori, all’occorrenza, mettono in atto due meccanismi importantissimi: il riflesso miotatico da stiramento e il riflesso miotatico inverso da stiramento.
Riflesso miotatico da stiramento
Questo riflesso è messo in atto dai fusi neuro-muscolari. Quando si produce un improvviso allungamento dei muscoli i fusi neuro-muscolari informano immediatamente il sistema nervoso che provvede, in tempi brevissimi, a far contrarre i muscoli in questione.
Questo meccanismo è fondamentale perché evita che si provochi uno stiramento intenso delle fibre muscolari.
Quando si pratica un esercizio di allungamento è bene prestare attenzione a non eseguire movimenti bruschi come molto spesso si vede fare nello ‘’stretching molleggiato’’. Quando si molleggia si creano tensioni crescenti sui muscoli che attiveranno tale processo e non premetteranno un completo rilassamento dei muscoli e un loro allungamento.
Riflesso miotatico inverso da stiramento
Questo riflesso è messo in atto dai corpuscoli tendinei del Golgi situati nelle giunzioni muscolo-tendinee. Quando sottoponiamo i muscoli a un allungamento intenso protratto per molto tempo, questi recettori inviano il segnale al sistema nervoso indicando di dover rilassare la muscolatura.
Tale meccanismo è fondamentale affinché, sotto tensioni intense e prolungate, i nostri muscoli non rimangano contratti. Se questo accadesse potrebbero crearsi dei danni muscolari non indifferenti.
Il riflesso miotatico inverso da stiramento si produce in media dopo una durata minima di 20/30 secondi di allungamento. Questo spiega il perché, quando si indicano esercizi di stretching, la durata stabilita va dai 30 ai 60 secondi.
Entrambi i recettori hanno delle soglie di attivazione e delle tempistiche entro le quali agiscono che possono essere modificate tramite l’allenamento.
Articolo a cura del Coach Samuele Calanna, Personal Trainer e Preparatore Atletico con specializzazione in Calisthenics. Dal 2018 membro dello staff giudici Burningate. Potete contattarmi tramite Email all’indirizzo samuele.calanna@gmail.com oppure sulla mia pagina instagram Samuele Calanna.