Ha senso basarsi principalmente sulla frequenza cardiaca nella programmazione dell’allenamento?

Questo articolo ha uno scopo unicamente divulgativo, ovvero far sì che il lettore si faccia una propria idea su come sulla frequenza cardiaca nella programmazione dell’allenamento.

La frequenza cardiaca è la misura del numero di battiti del cuore in un minuto e la maggior parte della letteratura e delle associazioni mediche cita come valori normali quelli compresi tra 60 e 100 battiti al minuto a riposo, ovvero dopo essersi seduti e rilassati per almeno 10 minuti.

Cosa bisogna sapere per interpretare bene i valori

Quanto deve essere il battito cardiaco in base all’età?

Secondo la “American Heart Association” (AHA) la FC normale per un adulto a riposo è compresa tra 60-100 bpm. Quando la frequenza cardiaca è troppo rapida, quindi superiore a 100 bpm a riposo, si parla di tachicardia. All’opposto, se troppo lenta, ovvero inferiore a 60 bpm a riposo, viene definita bradicardia.

Frequenza cardiaca a riposo nell’adulto: quando è normale e quando preoccuparsi
Età 18-25 65+
Eccellente 56-61 56-61
Buono 62-65 62-65
Sopra la media 66-69 66-69
Media 70-73 70-

Quando bisogna preoccuparsi per la frequenza cardiaca?

Studi recenti suggeriscono che frequenze cardiache a riposo superiori a 75-80 battiti al minuto sono correlate a un maggior rischio di attacco cardiaco. Più un soggetto è in forma, più bassa è la frequenza cardiaca in condizioni di riposo.

Perchè è importante tenere conto di questo parametro? Frequenza cardiaca e meccanismi energetici

Il nostro organismo utilizza il carburante più adeguato al variare della frequenza cardiaca, che è direttamente correlata al consumo di ossigeno e in ultima analisi all’intensità del lavoro svolto.

Calcolo della frequenza cardiaca massima

Il primo passo necessario per utilizzare la frequenza cardiaca come indicatore dell’intensità di allenamento è il calcolo della propria frequenza cardiaca massima teorica (abbreviata in FC Max), ossia la stima del limite massimo di battiti al minuto al quale il nostro cuore può arrivare. Tra le innumerevoli formule che hanno tentato di approssimare l’esatta FC Max per il maggior numero di soggetti possibili, due hanno avuto particolare fortuna per semplicità di calcolo e relativa ragionevolezza dei risultati: la formula di Cooper, secondo cui FC Max si calcola come (220 – età in anni), cui si è sostituita la formula di Tanaka, ritenuta più precisa nel calcolo del massimo cardiaco per soggetti molto giovani o in età avanzata:

Tanaka:    208 – 0,7 x età in anni   (esempio: 208 – 0,7 x 30 = 187)

Dal calcolo della FC Max consegue l’individuazione degli intervalli di frequenza cardiaca a cui fanno riferimento le diverse zone di allenamento (o zone di frequenza cardiaca) utilizzate per la gestione di un corretto allenamento. Prima di arrivare a parlare in dettaglio delle zone di allenamento, è utile accennare brevemente al funzionamento del metabolismo energetico del corpo umano, di cui le zone vogliono essere rappresentazione fedele.

Il nostro organismo, per funzionare e permettere movimento e sforzi muscolari, ha bisogno di energia, ed in particolare di produrre ATP (adenosina trifosfato), la molecola che fornisce l’energia necessaria a muoversi e a produrre un intenso sforzo muscolare.

La produzione di energia avviene grazie a tre sistemi energetici principali:

  • Sistema aerobico: il nostro organismo usa ossigeno per ossidare, cioè bruciare allo scopo di liberare energia, i grassi (lipidi) e i carboidrati (glucosio/glicogeno). Un’ulteriore distinzione è quella tra sistema aerobico lipidico e sistema aerobico glucidico: il primo si attiva in condizione di sforzo contenuto e consente di bruciare prevalentemente i lipidi; il secondo entra invece in gioco quando si svolge attività ad intensità più elevata, e utilizza carboidrati per rifornire di carburante ad alta potenza il nostro corpo.
  • Sistema anaerobico alattacido: il nostro organismo mette in atto un processo che produce energia in assenza di ossigeno, utilizzando la fosfocreatina immagazzinata nei muscoli per sintetizzare ATP. L’energia fornita può essere utilizzata per sforzi ad alta intensità ma di durata piuttosto breve.
  • Sistema anaerobico lattacido: il nostro organismo inizia a bruciare carboidrati senza consumare ossigeno, e produce acido lattico in eccesso che si accumula e porta all’affaticamento dei muscoli fino ad inibire l’attività.

Le zone cardiache

Con queste premesse, è più facile comprendere il significato delle cinque principali zone di frequenza cardiaca individuate. Se la frequenza risulta inferiore al 50% della massima, significa che l’organismo non sta mettendo in atto quegli adattamenti benefici che è costretto a compiere quando si allena in maniera efficace (Zona 0 – Riposo).

Il monitoraggio della propria frequenza cardiaca è dunque fondamentale per svolgere attività nel miglior modo possibile ed in base al personale obiettivo di allenamento. Un cardiofrequenzimetro, come è un eccellente compagno di fitness, in quanto rileva e mette a disposizione diversi dati relativi al tipo di training che stiamo svolgendo, in particolare: battito per minuto, percentuale della frequenza cardiaca rispetto al proprio massimale, zona di allenamento all’interno della quale si sta lavorando, tempo speso in ciascuna zona di allenamento e una stima delle calorie consumate.

Ha senso basarsi principalmente sulla frequenza cardiaca nella programmazione dell’allenamento?

Nell’allenamento aerobico a bassa intensità o stady state

Steady State Training, detto anche Continuous training, traducibile come allenamento continuo, è un metodo di allenamento aerobico che prevede di mantenere la frequenza cardiaca costante, in genere entro range tra la moderata e la medio-alta intensità, cioè tra circa il 60 e l’80% della frequenza cardiaca massima (FCmax), o tra il 50 e il 75% del massimo consumo di ossigeno (VO2max).

Steady State Training e zone di allenamento

Lo Steady State Training può essere svolto a diverse frequenze cardiache (intensità), e ogni range di queste frequenze, calcolato solitamente in percentuale sulla frequenza cardiaca massima (FCmax o HRmax) tramite diverse formule, rientra nelle cosiddette zone di allenamento (Training zones) a seconda degli obiettivi dell’atleta.

  • zona 1 (molto leggero): raggiungibile tra il 50 e il 65% della FC max, è un’attività molto leggera, ideale come prestazione tonificante, capillarizzante, riabilitativa e per mantenersi in forma.
  • Zona 2 (leggero): raggiungibile tra il 65 e il 75% della FC max, è per definizione il range di intensità adatto al massimo consumo di lipidi a scopo energetico (lipolisi), adatto anche per la prestazione di durata.
  • Zona 3 (moderato): raggiungibile tra il 75 e l’85% della FC max, è l’allenamento adatto al miglioramento della prestazione e capacità cardiovascolare e cardiorespiratoria, della resistenza, e della potenza aerobica.
  • Zona 4 (elevato): tra l’85 e il 90% della FC max, rappresenta approssimativamente la soglia anaerobica, oltre il quale vengono utilizzate esclusivamente riserve glucidiche per la prestazione. È un allenamento di potenza anaerobica lattacida utile per lo sprint o la preparazione atletica, ma è sconsigliato ai non esperti.
  • Zona 5 (massimale): tra il 90 e il 100% della FC max, è una prestazione che non può essere mantenuta se non per brevissimi periodi. È il range della soglia alattacida, in cui subentra il sistema anaerobico alattacido con il consumo dei fosfati muscolari.

Risulta quindi fondamentale monitorare la frequenza cardiaca nello stady state per rientrare nella giusta zona di intensità in base al proprio obiettivo.

Nell’interval training o allenamento intervallato ad alta intensità

L’allenamento HIIT (High Intensive Interval Training) è una metodologia molto in voga soprattutto negli States. Esso si basa sull’ alternanza tra lavoro a bassa intensità e lavoro ad altissima intensità. Applicando alla lettera i suoi principi bisognerebbe mantenere una frequenza cardiaca al 60% del massimale nei momenti “off”, per poi farla crescere drasticamente (fino all’85/90% del massimale) nei momenti “on”. Da qui il nome HIIT.

Il monitoraggio dell’allenamento tramite le frequenze cardiache è una pratica estremamente adottata e relativamente semplice grazie a tecnologie a basso costo. E’ diventata molto diffusa, sia negli sport individuali che di squadra, poiché aiuta a tenere traccia di ciò che gli atleti realizzano in allenamento, allo scopo di migliorare l’interazione tra allenatore e atleta.

Tuttavia, la difficoltà nella standardizzazione delle condizioni di rilevamento potrebbe far diventare questa pratica poco affidabile. 
Negli allenamenti HIIT di breve durata, ad esempio, la valutazione della FC ( o HR Heart Rate) potrebbe sottostimare l’intensità reale poichè il tempo di esecuzione della fase attiva (ad esempio i 20″ del TABATA oppure i 10″ del 10-20-30) sono troppo brevi per portare la FC ad un livello reale, pur essendo la velocità, o l’intensità, massimale. 

La cinetica della frequenza cardiaca, infatti, richiede tempi più lunghi per arrivare al massimo partendo da un battito medio e 20″ possono non essere sufficienti.

Questi metodi sono però promettenti, ma solo se si presta maggiore attenzione alla conoscenza delle reali informazioni legate alle risposta fisiologica.

Queste informazioni provenienti dalla fisiologia, ovvero la risposta alla domanda “perchè sta succedendo questo in questo momento” sono talvolta trascurate dagli utilizzatori, rendendo il “battito” poco più di un numero indicativo di una intensità presunta, ma molto lontano dal dare una riposta esaustiva. Fonte:https://www.migliaccio.it/allenamento-con-le-frequenze-cardiache/

Nell’allenamento di forza o resistence training: body building, calisthenics, misto ecc.

Monitorare la frequenza cardiaca in questo caso non è l’elemento principale in quanto non fornisce informazioni utili alla programmazione dell’allenamento, fatta eccezione nei circuiti metabolici i quali prevedono il monitoraggio dell’intensità cardiaca., tuttavia praticare body building non serve solo a migliorare l’aspetto fisico e a potenziare i muscoli, ma apporta benefici molto importanti a tutto l’organismo.

L’allenamento coi pesi migliora il funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio, riduce la frequenza cardiaca a riposo e rafforza i muscoli respiratori.

L’allenamento di resistenza stimola il corpo ad aumentare la densità ossea, ed è quindi un’attività fisica che riduce il rischio di osteoporosi e rallenta l’invecchiamento.

Il body building richiede un allenamento costante che porta tutti i muscoli al massimo sforzo, per cui non è adatto a chi ha patologie di varia natura, soprattutto malattie cardiache e muscolari.

Cosa dicono gli studi

Revisione.2003;33(7):517-38.

doi: 10.2165/00007256-200333070-00004.

Monitoraggio della frequenza cardiaca: applicazioni e limitazioni

Astratto

Negli ultimi 20 anni, i cardiofrequenzimetri (HRM) sono diventati un ausilio per l’allenamento ampiamente utilizzato per una varietà di sport. 

Durante l’esercizio graduale, la maggior parte degli studi mostra che l’HRV diminuisce progressivamente fino a intensità moderate, dopodiché si stabilizza. Esistono prove abbondanti da studi trasversali che gli individui addestrati hanno un HRV più elevato rispetto agli individui non addestrati

Gli HRM vengono utilizzati principalmente per determinare l’intensità dell’esercizio di una sessione di allenamento o di una garaRispetto ad altri indicatori dell’intensità dell’esercizio, la FC è facile da monitorare, è relativamente economica e può essere utilizzata nella maggior parte delle situazioni. Inoltre, HR e HRV potrebbero potenzialmente svolgere un ruolo nella prevenzione e nel rilevamento del sovrallenamento.Gli effetti del superamento della frequenza cardiaca submassimale sono controversi, con alcuni studi che mostrano tassi ridotti e altri senza alcuna differenza. La FC massima sembra essere diminuita in quasi tutti gli studi di “overreaching”. 

Finora, solo pochi studi hanno analizzato i cambiamenti dell’HRV dopo un periodo di allenamento intensivo e da questi risultati non è possibile trarre conclusioni definitive. La relazione tra HR e consumo di ossigeno (VO(2)) è stata utilizzata per prevedere il massimo consumo di ossigeno (VO(2max)). Questo metodo si basa su diverse ipotesi ed è stato dimostrato che i risultati possono discostarsi fino al 20% dal valore reale. 

La relazione HR-VO(2) viene utilizzata anche per stimare il dispendio energetico durante le condizioni sul campo. Sembra esserci un consenso generale sul fatto che questo metodo fornisce una stima soddisfacente del dispendio energetico a livello di gruppo, ma non è molto accurato per le stime individuali.

La relazione tra l’HR e altri parametri utilizzati per prevedere e monitorare lo stato di allenamento di un individuo può essere influenzata da numerosi fattori. Sembra esserci una piccola variabilità giornaliera nella frequenza cardiaca e nella maggior parte degli studi è stato osservato un aumento costante durante l’esercizio. Inoltre, fattori come la disidratazione e la temperatura ambiente possono avere un profondo effetto sulla relazione HR-VO(2).

Problemi metodologici e applicativi pratici nella prescrizione dell’esercizio fisico utilizzando i metodi della riserva di frequenza cardiaca e della riserva di consumo di ossigeno

Astratto

L’intensità dell’esercizio è un aspetto importante per migliorare la forma fisica correlata alla salute. Le relazioni tra le percentuali di riserva della frequenza cardiaca (%HRR), il consumo massimo di ossigeno (%VO(2max)) e la riserva di consumo di ossigeno (%VO₂R) sono state proposte come efficaci per la prescrizione dell’intensità dell’esercizio.

La maggior parte degli studi non soddisfacevano i criteri metodologici raccomandati per la valutazione del VO₂ a riposo o utilizzavano protocolli di test incrementali che potrebbero aver sottostimato il VO(2max). Nessuno ha studiato la stabilità della relazione %HRR-%VO₂R in condizioni di allenamento, come durante un esercizio submassimale prolungato. In conclusione, molti degli studi esaminati presentavano limitazioni metodologiche che ne compromettevano i risultati in relazione all’applicazione della relazione %HRR-%VO₂R per la prescrizione dell’allenamento aerobico.

Cardiofrequenzimetro, pro e contro.

Il cardiofrequenzimetro va usato? Sicuramente si, ma quando noi ci andiamo ad allenare prima di pensare che la frequenza cardiaca sia una e basta e prima di pensare che basta togliere una  percentuale alla frequenza cardiaca massima per migliorare. Pensiamoci e magari rileggiamo la parte iniziale di questo articolo.

Anche quando fai un allenamento con HIIT, ad esempio, è necessario controllare il carico interno e la frequenza cardiaca è importante per questa valutazione.
Per ottenere migliori risultati dobbiamo considerare i suggerimenti che ti ho dato, perché potremmo allenarci con uno stimolo troppo alto per il nostro obiettivo o troppo basso per il nostro allenamento.

Insomma, se non vuoi essere un “criceto nella ruota”, che si stanca ma non va avanti, usa le frequenze con gli accorgimenti necessari!

Fonte:https://www.migliaccio.it/allenamento-con-le-frequenze-cardiache/

Conclusione

Tale conclusione va considerata come personale, è necessario, quindi, approfondire l’argomento e farsi una propria idea a riguardo

basare unicamente il proprio allenamento sulla misurazione di un parametro come la frequenza cardiaca e correlarlo ai meccanismi energetici impiegati è sbagliato semplicemente per il fatto che l’allenamento coinvolge tanti altri sistemi i quali influenzano si la  variazione della FC, ma vanno valutati anche da altri punti di vista (Sistema Nervoso, Area psicologica, Area coordinativa, ecc.).

Le principali frequenze cardiache che dovremmo conoscere sono:

  • la frequenza cardiaca a riposo
  • la frequenza cardiaca pre-esercizio
  • la frequenza cardiaca alla soglia aerobica
  • La frequenza cardiaca alla soglia anaerobica
  • La frequenza cardiaca al v2max
  • la frequenza cardiaca massima.

Proprio la Frequenza Cardiaca Massima (FCmax o HRmax) è probabilmente l’unica che noi crediamo di sapere anche perché ci sono delle formule che stimano una certa frequenza cardiaca massima, ad esempio 220-età però queste formule non stimano esattamente la nostra frequenza cardiaca ma quella della popolazione nel suo comportamento “medio”.

Se facciamo la media delle FC di migliaia di persone avremo certamente un valore che maggiormente si ripete ma, se alleniamo varie persone ci accorgeremo subito che questa può essere veramente molto diversa da persona a persona. Per questo motivo la “frequenza media” non può essere usata in funzione di un allenamento efficace.

La frequenza cardiaca (FC o HR – heart rate) può cambiare davvero tanto nell’arco della vita.
La Frequenza Cardiaca Massima ad esempio, tende a diminuire di circa 1 battito ogni anno.

Nello stady state e nell’Interval Training

è sempre utile monitorare la FC in quanto risulta l’unico parametro relativo al carico interno, a patto che non diventi un limite allenante, sia in negativo (deallenamento) sia in “positivo” (rischio di overtraining).

Negli allenamenti di forza

La FC non è l’elemento principale in quanto non fornisce informazioni utili alla programmazione dell’allenamento, fatta eccezione nei circuiti metabolici i quali prevedono il monitoraggio dell’intensità cardiaca.

Da non sottovalutare il monitoraggio della frequenza cardiaca a riposo (al mattino prima di alzarsi dal letto, magari utilizzando un saturimetro o usare il Fitness Tracker che prenderà la FC “minima” ovvero durante la notte, molto più accurata della precedente), la quale risulta un ottimo indicatore dello stato di forma e soprattutto dell’equilibrio tra allenamento e riposo.

Non dimentichiamo che quando si impara un gesto nuovo la FC aumenta di molto, anche ad intensità sub-massimali, ciò ci fa capire che il corpo umano è un sistema molto più complesso e non solo un metronomo di pulsazioni cardiache, quindi misuriamo la FC durante gli allenamenti ma manteniamo una visione a 360° sulla macchiana umana“.

 

Per qualsiasi dubbio non esitare a contattare il Coach!

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